Letto nel gennaio del 2015. È la storia di Cesare, uno scorbutico e intrattabile vecchietto, che è rimasto vedovo di una donna di cui non era più innamorato da anni e mal sopporta tutto e tutti, compresi i figli. Fino a quando non incontra Emma. E saranno proprio gli occhi tristi di questa giovane donna che abbatteranno la corazza che l’anziano si era costruito per sopravvivere. Per difendere la ragazza dal violento marito, Cesare si rimetterà in gioco, riaprendosi alla vita e alle persone.
Il romanzo ha una scrittura molto semplice ma allo stesso tempo originale. Assolutamente consigliato.
Dopo l’infarto, il dottore disse che dovevo prendere i medicinali, non bere, non fumare, dormire con regolarità e non sottopormi a stress. Vorrei avere di fronte il medico di allora per chiedergli come si fa ad abolire lo stress, se lui conosce un trucco per riuscirci. L’ansia per l’uomo è uno stato fisiologico, per abbatterla sarebbe necessario eliminare la consapevolezza, come nei neonati o negli animali. Ho una mia teoria al riguardo. Ritengo che le cose abbiano funzionato bene fino alla creazione della scimmia, dopodiché deve essersi inceppato qualcosa nel meccanismo ed è venuto fuori l’uomo, un essere troppo intelligente rispetto al compito riservatogli. L’intelligenza è un bene prezioso e, come tale, dovrebbe avere un fine prestabilito. A noi, invece, non serve quasi a nulla, se non a inventare oggetti sempre più strambi che ci fanno illudere di essere perfetti. Non ci aiuta a capire il perché della nostra presenza sulla terra, non ci rende meno esposti di altre creature. Non fornisce risposte, anzi crea nuove domande. E troppe domande aumentano l’infelicità. Non so se in natura esistano essere viventi, a parte l’uomo, che si tolgano la vita, ma se anche se così fosse noi siamo gli unici a farlo per il male di vivere. Perché? Perché chi ci ha plasmato ha sbagliato la miscela degli ingredienti, ecco perché. Ma a proposito di teorie azzardate, torniamo ai medici. Devo essere sincero, la categoria mi sta un po’ sulle balle. Non tutti, per carità, ma alla maggior parte piace camminare due metri da terra. Salvare una vita umana può far sballare, è vero, ma ognuno di noi dovrebbe sempre tenere a mente un piccolo quanto decisivo concetto: ci troviamo a girare in tondo su una piccola palla che ruota intorno a una stellina gialla come tante altre, all’interno di un minuscolo sistema solare, il quale si trova in una zona periferica di una piccola galassia a forma di zampirone che si muove con maestosa lentezza. È solo una questione di prospettiva. Siamo come formiche. E ciononostante c’è ancora chi perde tempo a sentirsi più importante della formica al suo fianco.
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C’è una grande differenza fra l’amore per una donna che non potrai mai avere e quello per una che hai. Il primo risplenderà in eterno, il secondo tenderà, invece, a spegnersi, come il sole fra qualche miliardo di anni.
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Di Emma* mi sono innamorato piano, uno scalino alla volta. Quando la passione per mia moglie è iniziata a scemare, ho provato rabbia e smarrimento. Rabbia verso me stesso, perché non riuscivo a custodire l’amore, smarrimento perché la donna che non mi provocava più emozioni era nel mio letto ogni sera.
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Comunque, quella fu anche l’ultima volta che mi trovai a un passo dal baciare Emma. Quando, molti anni dopo, mia moglie morì, Emma mi strinse a lungo, come mai era accaduto nel passato, e mi mormorò nell’orecchio: “Ringraziami, adesso avresti un bel rimorso col quale convivere!” Non risposi, l’avrei dovuta sconfessare lì, accanto al letto di morte di mia moglie, di sua sorella. Il rimorso, cara Emma, è qui con me e mi sveglia ogni mattina. E sai cosa mi sussurra? T’incateni a qualcosa o qualcuno, ogni volta che non scegli.
* Emma è la sorella di sua moglie.
Poi questa primavera ho visto al cinema La Tenerezza di Gianni Amelio. Come mi è già capitato di dire, spesso vado a vedere film ‘liberamente tratti’ da libri che ho amato. Difficilmente il contrario: se ho visto prima il film non…
E… sono costretto a ripetermi. Anche il film è assolutamente da vedere.
Cesare, il protagonista settantasettenne del libro, nel film è Lorenzo (nome di battesimo di Marone l’autore del libro…), che parla solo con il nipote perché ai bambini si può dire tutto. L’incontro con Michela è, rispetto al romanzo (Emma nel libro), ancora più folgorante. Con una regia ed una sceneggiatura magistrale Amelio si sofferma su ogni personaggio facendocene percepire le loro debolezze, l’inquietudine intrinseca della condizione umana. E sarà Fabio, il marito di Michela, l’anello più debole. Ma se nel romanzo di Marone è semplicemente un losco individuo – un personaggio marginale che provocherà la tragedia -, nel film di Amelio ha un ruolo di primo piano. È Fabio, innamorato di Michela, che vuol bene al figlio. Ma è soprattutto una persona fragile. Una persona che si porta dietro un’infanzia difficile, con scatti d’ira improvvisi e vive momenti carichi di disperazione. Quindi per Amelio è tutt’altro che un losco individuo. L’impressione è che il regista voglia rimanere imparziale: che non voglia dare giudizi. E allora, pur non potendo giustificarlo o assolverlo – di fatto sarebbe impossibile – non lo condanna.
I dialoghi sono perfetti e toccanti. Gli attori straordinari: Renato Carpentieri, Micaela Ramazzotti, Elio Germano, Giovanna Mezzogiorno, Greta Scacchi.
E POI DICONO CHE IL CINEMA ITALIANO E’ IN CRISI!
Nastro d’argento 2017 come miglior film e regia. Miglior attore protagonista a Renato Carpentieri. Miglior fotografia a Luca Bigazzi.
Alla fine del film Elena (Giovanna Mezzogiorno) cita al padre Lorenzo (Renato Carpentieri) questa poesia, di un poeta arabo: La felicità non è una meta da raggiungere, ma una casa a cui tornare… tornare non andare.
Il film è bello. Ma questa frase, questo momento… Per me è stato impagabile. Sarebbe bastato questo per uscire dal cinema soddisfatto. E non sempre succede… che esco dal cinema soddisfatto.
Ma torniamo alla poesia: Questa idea comune per cui la felicità sia sempre da venire, che sia sempre alla fine di un cammino, sempre da un’altra parte: in un altro paese, un’altra casa, un’altra donna, è quasi sempre un’utopia. Un pretesto per non accettarsi, non accontentarsi, non essere capaci di vivere con serenità la quotidianità. Perché è più facile lamentarsi, piangersi addosso. Viceversa questa poesia, con una semplicità illuminante ti apre gli occhi: fermati e smettila di cercare, di inseguire un qualcosa che non troverai mai. La soluzione delle cose non va cercata chissà dove. Quando ti perdi per strada, non continuare ad andare avanti. Torna indietro: Meraviglioso!
Anni fa ho letto una frase attribuita a Chuang tzu (Zhuang-zi): filosofo Taoista vissuto nel IV avanti la nostra era; che ha analogie con la poesia araba.
La cito a memoria, quindi sicuramente non saranno esattamente le parole che avevo letto.
Un giorno Chuang tzu chiese al maestro licenza di visitare il mondo.
“Allora sta fermo”, rispose il maestro. “Il mondo è qui.
Muta te stesso, non il mondo sotto cui vivi.
Dappertutto puoi trovare ciò che ignaro cerchi: La felicità”.
da (se non ricordo male) Il primo libro di Li Po di Vittorio Saltini.
E veniamo alla colonna sonora. Vi consiglio House di Elton John. Questa canzone mi è ritornata in mente rileggendo la poesia del poeta arabo. Non è tanto per il titolo, che in effetti… ma perché è una canzone semplice, rilassante e poetica. In una parola tenera. E… non ve l’ho ancora detto ma, sia il libro che il film, hanno un finale tenero. Un finale aperto, dopo momenti tanto drammatici.
Voto – sia del libro che del film che della canzone: 4/5
Cliccando QUI, potete sentire la canzone di Elton John.


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