Keyla la Rossa

Me lo sono ritrovato in mano per puro caso durante le feste di Natale.
Ma poi: può essere semplicemente un caso se tra i tanti libri che ho sfogliato in libreria abbia scelto proprio questo?
Prima considerazione: Mi ha incuriosito il titolo: Keyla la rossa.
Seconda considerazione: Nell’indecisione mi piacciono le edizioni di carta. È anche per questo che ho un debole per Adelphi Edizioni, con i tanti colori opachi che è un piacere averli in fila nella mia libreria.
Terza considerazione: Sono rimasto attratto dall’immagine della copertina. Non so voi ma io ho un debole per le immagini delle copertine dei libri.
Come questa: una giovane donna dipinta di profilo, seduta su una poltrona con una spallina della sottoveste che le è scesa scoprendole il seno.

Quarta e ultima considerazione: La prova decisiva: ho letto la trama del romanzo, la solita biografia sull’autore, poche righe di pagine casuali per valutare la qualità della scrittura, e… Sì! Ho comprato il libro.
Ma questo già lo sapevate.
È l’ultimo libro dell’anno che ho letto, e in una mia ipotetica classifica di libri del 2017 è al terzo posto:

  1. Le nostre anime di notte di Kent Haruf.
  2. Tutto è possibile di Elizabeth Strout.
  3. Keyla la Rossa di I. B. Singer.

Veniamo al libro, parto da una una cosa piccola, una semplice descrizione di un mattino.

La giornata si annunciava più mite della precedente e il sole occhieggiava attraverso la foschia del mattino. La sua luce metteva a nudo gli abiti lisi, la stanchezza di un inverno lungo e difficile, l’intonaco scrostato delle case, le facce livide e itteriche. Ma negli occhi della gente già si coglieva la promessa della primavera.

Semplice ma bellissima, e rappresentativa del modo di scrivere dell’autore.
Mi ha ricordato una poesia di un poeta cinese che amo:

Anche quel muro vecchio
anche quel magro cane
anche il gelo nel secchio
gode il sole, stamane.
Li Po (701/762)

Il romanzo è molto bello. Non fatevi scoraggiare dalle tante parole ebraiche. Nelle ultime pagine c’è un glossario, ma anche senza volerle tradurre, anche senza cogliere il senso di parole come Yiddisy, Goy, Sukkot, Talmud, Mitzva, la lettura rimane intensa, con una trama avvincente che ti cattura dalla prima all’ultima pagina.
La protagonista assoluta del romanzo è Keyla.
È il suo personaggio che eleva il libro a capolavoro.
In Keyla, la puttana, vi è una apparente contraddizione: nonostante tutta la depravazione che ha contraddistinto fin dall’infanzia la sua vita rimane di animo buono; nonostante le tante bassezze che è costretta a subire sarà l’unica che proverà fino alla fine a riscattarsi. L’unica che non ha secondi fini, se non divenire semplicemente una madre e una moglie fedele.

E ancora: Il romanzo trabocca di passione, ma senza mai risultare volgare, e di tenerezza.

Keyla disfece il suo fagotto e tirò fuori una bottiglia piena per tre quarti.
Si portò la bottiglia alle labbra e bevve senza mai distogliere lo sguardo da Bunem.
Le sue guance divennero rosse, gli occhi sembrarono farsi più grandi e acuti.
Lui disse:
«Non così tanto. Finirete per bruciarvi le viscere».
Gli occhi di Keyla risero.
«Ormai dentro sono tutta bruciata. Venite, devo baciarvi!».
Scaraventò a terra la bottiglia alla maniera dei contadini nelle taverne, si gettò su di lui e se lo strinse al petto con tutta la forza che aveva. Lui si fece rosso per la vergogna e subito dopo impallidì per il desiderio. Un po’ opponeva resistenza, un po’ tirava Keyla a sé. Lei gli affondò le labbra in bocca e l’odore di alcol lo inebriò. Brunem non capiva più se fosse lui a spingere Keyla sul divano o se Keyla fosse caduta trascinandoselo dietro. Non sapeva bene cosa fare, e lei lo guidò. Intanto gridava:
«Bambino mio! Mio signore! Prendimi! Uccidimi! Fai di me quello che vuoi! Mio Dio! Fratello! Padre! Ti amo! Voglio morire per te!»
Invocò Dio e pronunciò oscenità. Sollevò le gambe con la destrezza di un’acrobata, come quelle ragazze che si esibiscono in salti mortali, oppure tengono un barile in equilibrio sulla pianta dei piedi, o si distendono con la schiena nuda su letti di chiodi. Un momento prima Bunem era ancora uno studentello di yeshivah, ed eccolo diventato anche lui un acrobata.

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Tornò alla stazione e rientrò nel ristorante di terza classe, ma Keyla non c’era. La trovò seduta su una panca nella sala d’aspetto. Nei suoi occhi si leggeva l’angoscia di un’anima persa.
Lei gli chiese:
«Dove sei andato? Perché ci hai messo così tanto? Temevo che mi avessi abbandonata e fossi partito per chissà dove».
«Keyla, smettila di dire sciocchezze».
«C’è un chiasso da diventare sordi, una confusione tale che ci si perde. Mi ronzano per la testa certi pensieri folli…».
«Quali pensieri?».
«Oh, che tu avessi cambiato idea e fossi partito. Continuo a perderti. Un momento ci sei , e un attimo dopo scompari. È passato un poliziotto e mi ha guardata con occhi così cattivi e rabbiosi che ho pensato: ecco, ora mi trascina in prigione. Saresti tornato e non mi avresti più trovata. Mi avrebbero chiesto il passaporto e siccome non ce l’ho mi avrebbero arrestata e spedita chissà dove in un convoglio di prigionieri».
«Tra poco sarai in America. È un paese libero. Lì non servono i passaporti e non si viene spediti da nessuna parte».
«C’è il rischio che non mi lascino entrare. Cosa potrei fare, in quel caso, a parte buttarmi nell’oceano?».
È una puttana, eppure trema di paura come una bimbetta ingenua, rifletté Bunem. Ad alta voce disse:
«Ti lasceranno entrare. Non hai un marchio stampato in fronte».
«A volte penso che tutti sappiano chi sono. Gli uomini mi guardano con scherno. Le donne mi passano accanto e sputano. Come fanno a indovinarlo?».
« È solo la tua immaginazione».
Tacquero. Keyla chiuse gli occhio e si addormentò. Bunem la osservò per un po’. Che strano, la sua faccia esprimeva dolcezza. Era pallida, aveva l’aria fragile, quasi malata…
«Come ha potuto fare quella vita e avere un’aria così innocente?» si meravigliò. Certi volti sonno ingannevoli».

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Certi volti sono ingannevoli: è la risposta che si dà Bunem nell’osservare il viso addormentato di Keyla.
Perché: come può il viso di una prostituta, che ha vissuto per anni nel peccato e nella dissoluzione, esprimere dolcezza e innocenza?
No, Bunem che ha vent’anni e la vita l’ha studiata sui libri non può capire.

Keyla la Rossa

di I. B. Singer (1904-1991) – premio Nobel per la letteratura nel 1978. Edizioni Biblioteca Adelphi 676 (2017), traduzione di Marina Morpurgo.
Voto: 5/5

Come colonna sonora del libro ho scelto Via del campo, di Fabrizio De André.
Keyla la Rossa come la puttana di De André.

via del campo c’è una graziosa, gli occhi grandi color di foglia, tutta notte sta sulla soglia, vende a tutti la stessa rosa.

Viene descritta con parole nobili,  al punto da essere accostata ad una bambina (simbolo di purezza e d’innocenza).

via del campo c’è una bambina, con le labbra color rugiada, gli occhi grigi come la strada, nascon fiori dove cammina.

Dove i moralisti vedrebbero degrado e prostituzione, gli occhi del cantautore genovese catturano il paradiso:

se di amarla ti vien la voglia, basta prenderla per la mano, e ti sembra di andare lontano, lei ti guarda con un sorriso, non credevi che il paradiso, fosse solo lì al primo piano.

Infine, la stoccata finale contro gli ipocriti:

ama e ridi se amor risponde, piangi forte se non ti sente, dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior, dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior.

Via del Campo

di Fabrizio De Andé (testo di Fabrizio De Andrè, musica di Enzo Jannacci).
Fu pubblicata per la prima volta nel 1967 come singolo: lato A, nel 45 giri Via del Campo/Bocca di Rosa.
Voto: 5/5

Cliccando QUI, potete sentirla.

Un’ultima curiosità sulla casa Editrice: Adelphi è una parola greca che significa “fratelli, soldati“, ed esprime la comunanza d’intenti tra i soci fondatori. Il logo di Adelphi è un pittogramma cinese, conosciuto come «pittogramma della luna nuova», Noto fin dal 1000 a. C., compare sui bronzi della dinastia Shang e significa “morte e rinascita” (da Wikipedia).

 

 

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Sono nato a Modena nel 1964 e vivo in un paese che è parte dell’Unione dei Comuni del Distretto Ceramico. Da 35 anni faccio piastrelle. Mi occupo di ricerca. Crescere, crescere, crescere: non esistono altri obbiettivi. Ogni anno è una sfida. Sposato con due figli, da quattro anni scrivo su questo blog. Ma fin dal primo articolo ho capito che recensire un libro, un film o una canzone non è che un pretesto per raccontarmi: pensieri, passioni, desideri. Ricordi. Il vero scopo è fermare il tempo. Trattenere il più possibile istanti di felicità.

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