Straordinario attore, Sergio Castellitto, ha iniziato a recitare nel 1981, lavorando con i migliori registi: Ettore Scola, Mario Monicelli e Giuseppe Tornatore, ad esempio; incrociando attori del calibro di Vittorio Gassman e Marcello Mastroianni, tanto per fare due nomi. Dalla grande tradizione della commedia all’italiana a ruoli drammatici, dalla fiction al teatro, il suo percorso artistico non poteva non coronarsi diventando lui stesso regista. Un regista tuttavia selettivo, se pensiamo che in vent’anni – dal suo primo film: Libero Burro (1999) – ne ha diretti solamente sei; continuando viceversa a recitare con la stessa frequenza iniziale.
Regista solo in casi eccezionali quindi, quando ha davvero qualcosa da dire, da trasmettere. E in effetti i suoi film lo premiano; rivelano mestiere, un gusto attento nei dettagli, ricercatezza in ogni aspetto della pellicola: dalla sceneggiatura – in cui c’è sempre la mano della moglie: Margaret Mazzantini – alla scenografia, dalla fotografia alla musica.
Castellitto ha poi il merito di scegliere ottimi attori, valorizzandoli in pieno.
È il caso di Fortunata, con una strepitosa Jasmine Trinca: vincitrice del premio Un Certain Regard al Fesival di Cannes 2017 come Migliore attrice; e ancora del Nastro d’argento 2017 e del David di Donatello 2018, sempre come Migliore attrice protagonista.
Jasmine Trinca (Roma, 1981) che, dopo avermi folgorato in La meglio gioventù (di Marco Tullio Giordana – 2003) – film Cult del cinema italiano che le valse il suo primo Nastro d’argento (2004) – per anni ho atteso, senza smettere mai di seguirla.
Io La meglio gioventù – dura sei ore! – l’ho visto tutto d’un fiato in DVD, un sabato pomeriggio che in un baleno è diventato notte, quando ho messo su il primo dei quattro DVD, convinto di vederne uno, intanto; ma che poi il primo ha tirato il secondo e così via il terzo e il quarto, da quanto è bello e coinvolgente. Ne sa qualcosa Eleonora, mia figlia, che l’ha iniziato a guardare con me, anche fiduciosa, ma poi al secondo DVD si è stancata ed è andata in mansarda a giocare. Vorrei vedere, poverina, aveva solamente dieci anni.
Per anni le ho poi chiesto di rivederlo insieme, convinto che le sarebbe piaciuto, ma ogni volta si arrabbiava e ho smesso.
Tornando a Jasmine, oltre ai due film già citati, le sue più belle interpretazioni a mio avviso sono: La stanza del figlio (di Nanni Moretti, 2001), Romanzo Criminale (di Michele Placido, 2005), Il Caimano (di Nanni Moretti, 2006), Un giorno devi andare (di Giorgio Diritti, 2013) e Miele (di Valeria Golino, 2013).
Una bravissima attrice quindi, capace di interpretare perfettamente personaggi diversi tra loro, e che io identifico da sempre e per sempre con la piccola Giorgia di: La meglio gioventù.
È più forte di me.
Mi capita la stessa cosa con un’altra attrice, che ha avuto la fortuna di debuttare con un capolavoro assoluto del cinema mondiale.
Un film di Sergio Leone del 1984, e con un superlativo Robert De Niro.
Vediamo se indovinate il film?
L’attrice in questione – nel film aveva appena quattordici anni – è Jennifer Connelly, e nonostante abbia fatto altri film importanti – Phenomena (di Dario Argento, 1985), A beautiful Mind (di Ron Howard, 2001), per citarne un paio -, per me rimarrà sempre la piccola Deborah di… C’era una volta in America.
Ma torniamo a Fortunata, visto al cinema nel 2017 e rivisto venerdì scorso, 27 aprile, in prima visione TV, confermando l’ottima opinione che già avevo del film.
La mia classifica: secondo film italiano del 2017. Appena sotto al capolavoro di Gianni Amelio: La tenerezza; che ho già recensito in un articolo del mio Blog: cliccando QUI potete leggerlo.
Fortunata è la storia di una donna da poco separata da un uomo egoista e violento; è la storia della sua lotta quotidiana per crescere la figlia di otto anni, per realizzare il suo sogno: aprire un negozio di parrucchiera. È in definitiva la storia del suo riscatto: da un matrimonio frettoloso, da un passato che la perseguita.
Fortunata, che ricorda tantissimo Italia, la protagonista femminile di Non ti muovere, interpretata da una fantastica Penélope Cruz.
È la stessa Mazzantini a spiegare, in un’intervista, film e aneddoto:
«E’ una favola amara di anime che si scontrano, una storia epica e psichica, piena di colpi di scena, con al centro una donna che unisce umiltà e spavalderia, raccontando la purezza di un proletariato che non esiste più. E poi ci sono i numeri, la fortuna e la sfortuna, il quartiere romano di Torpignattara. E’ un film struggente, di personaggi dimenticati».
Quelli che lei preferisce raccontare. Perché?
«Ho sempre scritto degli ultimi, forse perché nella miseria i contrasti sono più forti, forse perché mi identifico di più, sono cresciuta in periferia. E’ vero, Fortunata è un po’ figlia di Italia, la protagonista di Non ti muovere».
dall’articolo: Margaret Mazzantini: “Mi annoia tutto, anche me stessa Scrivo per abitare le vite degli altri”, di Fulvia Caprara), pubblicato il 13 maggio 2017 sulla Stampa Società.
Ho letto che una parte della critica, la maggioranza a dir la verità, l’ha snobbato. Fa niente. A me è piaciuto. Si vede che sono diverso.
Cosa mi è piaciuto?
L’inizio, la fine, piccoli dettagli, piccoli gesti.
Già le prime scene, le prime inquadrature, volutamente non centrate: la madre e la figlia Barbara che si preparano per uscire, e camminano in casa, per strada, si vedono solo le gambe, i piedi…
Mi sono piaciuti i dialoghi.
Tra lo psicologo infantile (Stefano Accorsi) e Fortunata:
«Lei pensa di avere sempre fretta, cos’è la pazienza per lei?»
«Quando nun c’è niente da fa’».
«O forse è ascoltare. E per ascoltare serve tempo».
«Servano i soldi»
«È così importante per lei il denaro?»
«Ma perché per lei no’, io se c’avevo i soldi micca mi dannavo così. Mi prendevo un avvocato con i contro… invece mi devo difendere da sola».
«E da che si deve difendere?»
… «Quando Barbara è nata la prima cosa che ho cercato sono stati i piedi, c’avevo paura che era nata senza i piedi. Poi non sono riuscita ad attaccarla al capezzolo ehhh… era pigra la dovevo pizzicare sempre per tenerla sveglia e poi… s’era fatta magra magra; mi pareva una vecchietta, mentre la guardavo mi veniva l’ansia, sembrava…
«Delusa».
«Che è brutto?»
«È umano».
«Ma… mo ero giovane, non so, poi con i figli ti scattano certe cose che c’hai dentro che manco lo sai…»
«Si è sentita impreparata».
«Ma no il primo anno di matrimonio con mio marito tutto bene, una sera pensi mi ha portato.. un orso maa… ah ah ah… le dico sarà stato alto quanto lei. Ero una ragazzina quando l’ho conosciuto, chissà che film avevano fatto… »
«Lei dice il tempo, ma il tempo per me è sempre di corsa, pensi che al matrimonio mio mi sono pettinata da sola».
«I suoi genitori? Erano felici del matrimonio?
«Mamma manco l’ho conosciuta, sono cresciuta con nonna, a sedici anni c’avevo già il phon in mano».
«E suo padre?»
«È morto, a ventisette anni. Fa impressione avere un padre che c’ha sempre ventisette anni no?»
«Certo, com’è successo?… Il problema degli orfani è che ci lasciamo alle spalle troppe versione delle verità».
«È orfano pure lei?… Mio padre si drogava».
. . . . .
«Non è una cazzata questa, ha ammazzato una madre».
«Ma che ne sai te che non ha mai dato un bacio in vita sua?»
«Tu hai una mentalità criminale. Tu mi fai paura. Io sono spaventato da te, io faccio un passo indietro. Dove cazzo è l’uscita?».
«Oh, ma te le regole le hai rispettate quando mi sei zompato addosso?»
«Io non ti sono zompato addosso, io non vado in giro a zompare addosso alla gente. Non è mia abitudine».
«Io me so giocata tutto, tutto quello che avevo, ho perso tutto, e te che hai perso?»
«Ha ammazzato la madre, lo vuoi capire? Non ha sbagliato una permanente, cretina!»
«Non l’ha ammazzata, non l’ha ammazzata, non l’ha ammazzata… non l’ho ammazzato, nooo… l’ho lasciato morire. Ho affogato papà; diceva… andiamo al mare, andiamo a giocà, s’andava a drogà al mare, s’andava a drogà al mare. E mi nascondeva la roba sotto i vestiti, c’avevo una paura, c’avevo una paura, una paura. L’ho visto cadè a faccia sotto… è entrata tutta l’acqua nel naso, nella bocca. L’ho lasciato affogà. C’avevo paura. Ho ricominciato a giocà, manco piangevo, manco piangevo. E che c’avevo colpa?, c’ha colpa una ragazzina di otto anni? Per te c’ho colpa?
. . . . .
Bravissimo anche Alessandro Borghi, bellissima e intensa l’interpretazione di Chicano – che gli ha valso il Nastro d’argento 2017, come miglior attore non protagonista – ragazzo bipolare con una madre con problemi psichici. Miglior amico di sempre di Fortunata.
E poi mi è piaciuto il finale, che rimane aperto, come a permettere a tutti noi spettatori di fantasticarci sopra. La fine, ago della bilancia nella buona riuscita di un film:
Fortunata che sorride a Patrizio, lo psicologo, per l’aiuto che ha dato a Chicano, che gli dice:
«Magari te vengo a cercà in Africa…
l’hai più giocata quella schedina?…
Peccato, hai visto mai che te portavo Fortuna…»
Poi lo psicologo si gira ed il suo sorriso tirato diventa un grugno, una maschera.
Che lui la schedina di Chicano l’aveva poi giocata per davvero, e aveva vinto, eccome se aveva vinto. Quei soldi certo che fanno comodo, anche a lui fanno comodo, ma ancora di più a Fortunata, che lotta ogni giorno per sopravvivere.
Lui che le aveva chiesto:
«È così importante per lei il denaro?»
«Ma perché per lei no’, io se c’avevo i soldi micca mi dannavo così…
E mentre Patrizio se ne va, Fortunata rivede la scena del padre drogato che cade in acqua, si rivede bambina che raccoglie le scarpe del papà.
Poi fa il bagno nuda in mare, e sorride, lei sì che sorride.
Va prendere la figlia, che col padre no, proprio non ci vuole stare; e sorride con la canzone Vivere di Vasco Rossi che chiude il film:
Vivere vivere vivere è sperare di star meglio
vivere vivere vivere è non è essere mai contento
vivere vivere vivere è restare sempre al vento
vivere è sorridere dei guai, proprio come non hai fatto mai e pensare che domani sarà sempre meglio…
Io penso che a volte il confine tra le cose è molto sottile, tra un film bello o brutto, ad esempio.
Questo film non è un capolavoro?
Può essere.
Recitato molto bene?
Questo sì, ed è anche diretto bene, per ciò che ne capisco io.
Quello che voglio dire è che si fa presto a criticare, e noi italiani siamo maestri a criticare…
Tuttavia per me è un Sì: grosso come una casa!
Fortunata
di Sergio Castellitto (2017), sceneggiatura di Margaret Mazzantini, con Jasmine Trinca, Stefano Accorsi, Alessandro Borghi, Edoardo Pesce, Nicole Centanni, Hanna Schygulla.
Voto: 4/5


Ultimi post di Roberto Alboresi (vedi tutti)
- Il Cortile dell’Eden - 4 Settembre 2022
- La Bala di Pierangelo Bertoli - 22 Luglio 2022
- Radici di Francesco Guccini - 3 Luglio 2022