LaFeltrinelli 3466, la montagna un buon libro e una bella canzone

Venerdì 9 Agosto ore 19,00: Finalmente le vacanze, le vacanze!
Beh… due settimane di ferie non è proprio quello che avrei sperato, ma sempre meglio che un pugno in faccia. E poi da quarant’anni non sto mai via più di una settimana, anche due soli giorni me li faccio bastare, pur di staccare. Da bambino era diverso, ne facevo due di settimane, in colonia e rigorosamente al mare. Mare che amavo e che preferivo diecimila volte più che la montagna. Colonia che odiavo da quanto ero mammone, e mi ritrovavo a gnolare che non ero neanche partito. Ricordo che il ritrovo era proprio in Piazza Grande a Modena, dalla mia amata Ghirlandina. Era da lì che partiva il pullman: destinazione Pinarella di Cervia. Quando penso a quei momenti sento una forte malinconia, è inevitabile, e anche un po’ di rabbia: quanto ero stupido!

Allora ero convinto, come tutti i bambini, che non sarei mai cambiato, che avrei sempre e per sempre scelto il mare.

Per quest’anno non cambiare
Stessa spiaggia stesso mare
Per poterti rivedere
Per tornare, per restare insieme a te
E come l’anno scorso
Sul mare col pattino
Vedremo gli ombrelloni
Lontano, lontano
Nessuno ci vedrà, vedrà, vedrà…

(da Stessa spiaggia, stesso mare, cinquantacinquesimo singolo di Mina pubblicato a maggio del 1963)

Ma mi sbagliavo, visto che sono anni che preferisco la montagna o i laghi. Che poi, questa storia dei laghi e della montagna è un bel po’ triste da scrivere. E ancora di più da leggere: mi fa sentire così vecchio. Ma il bambino che ero è ancora in me e al mare va a finire che ci andiamo lo stesso, io e mia moglie. Selezionando per bene il luogo. L’acqua deve essere limpida, prima regola. Mi piace poi che ci sia la sabbia, così che io possa rotolarmici, come da piccolo, e anche solo pensare di fare i castelli. E poi a pochi metri ci devono essere gli scogli, che se no cosa le prendo a fare le pinne e la maschera?
Non questa volta. Perché questa volta al posto delle pinne e della maschera ho preso giacca a vento maglione e pile.
Avevo letto che sul Monte Bianco stava per essere inaugurata laFeltrinelli 3466.

Una finestra su un luogo unico e inaspettato dove fermarsi, incontrare nuove storie, immergersi nella lettura con il Monte Bianco come ispirazione per ritrovare silenzio, tempo e misura.
Una libreria a quota 3.466 metri per esplorare nuove altitudini, ampliare le proprie vedute e riossigenare mente e corpo, attraverso una proposta letteraria rivolta a tutti i tipi di “viaggiatori”.
Ciò che rende la montagna unica e l’esploratore fortunato, è la possibilità di guardare il mondo da un punto di vista diverso ed emozionante. Ed è proprio questo che rende così simili un buon libro e la montagna, il lettore e il viaggiatore, laFeltrinelli e Skyway Monte Bianco: il desiderio di percorrere strade sconosciute e raggiungere orizzonti lontani, sempre con occhi nuovi.
(da Skyway/LaFeltrinelli)

E ho pensato che doveva essere davvero una bella sensazione leggere un libro da quella finestra panoramica. Ne ho parlato con Luisa – anche lei condivide la mia stessa passione per la natura e per i libri – e quello che sembrava un sogno è diventato realtà.
Per questo siamo andati in Valle d’Aosta. Ma il viaggio ha poi avuto tante altre destinazioni, e un overdose di immagini e sensazioni, sapori e colori. Come sempre.

Per prendere la funivia abbiamo aspettato il terzo dei quattro giorni di vacanza, le previsioni davano sole e così è stato.
Un consiglio per chi decidesse di prendere la SKYWAY: prenotate! Eviterete lunghissime file, specialmente in Agosto.

Cosa ho provato?

Un’emozione fortissima, grazie a un panorama indimenticabile. Si lo so che sono parole scontate. Del resto è difficile spiegare certi turbamenti dell’animo.
Molto meglio un’immagine.

 E già… deve essere per questo che si dice che un’immagine vale più di mille parole.
Poi, siamo entrati in libreria. Piccola ma… Oh! È la più alta d’Europa. E mi sono preso il tempo che ci voleva per scegliere il libro giusto – ma siamo poi sicuri che siamo noi a scegliere un libro e non viceversa? Avevo in mente un romanzo a tema, che avesse la montagna come fulcro. Ne ho sfogliati una decina, la stramaggioranza erano testimonianze dei migliori scalatori, le loro biografie. Poi mi sono ritrovato in mano La manutenzione dei sensi di Franco Faggiani.
Bella l’immagine della copertina e perfettamente in tema: due persone che camminano su uno strato bianco e soffice di neve, la montagna di fianco. Ho sentito che poteva essere quello giusto e mi sono seduto sulla poltrona che si affaccia alla parete di vetro, alle vette bianche e innevate.

Ho letto la trama: OK!

La prima pagina: Così, così…

Una pagina a caso, e…
Bingo!

Con lui s’era creata subito una forte sintonia: condividevamo la passione per le montagne intese come terreni di esplorazioni, come ambienti in cui sparire, senza che il mondo avesse più bisogno di noi.

Non è la stessa magia che si crea anche tra lettore e libro?

Subito dopo ho ceduto la poltrona ad altri lettori: era giusto che vivessero il loro momento. Io avevo già fatto la mia scelta.

È la storia di Leonardo, vedovo cinquantenne che si ritrova, inizialmente suo malgrado, a dover gestire in affido temporaneo un ragazzo orfano e problematico di otto anni. È Nina, la figlia di Leonardo, a portare Martino nella loro vita. Ma è meglio dire nella vita di Leonardo dato che Nina, dopo la laurea, si trasferisce per lavoro a Boston. Poco prima a Martino, da sempre taciturno e con evidenti difficoltà a relazionarsi, viene diagnosticata una lieve forma di autismo: la sindrome di Asperger. Un disturbo pervasivo dello sviluppo. Pur potendo condurre una vita perfettamente normale, gli individui soggetti a questa condizione possono avere, a seconda dei casi, difficoltà comportamentali, di socializzazione comprensione e di comunicazione non verbale. Ecco spiegato il rendimento scolastico così altalenante di Martino, che si applica solamente e con ottimi risultati nelle materie che gli interessano, ignorando o quasi le altre materie. Ed ecco spiegato, più in generale, il suo carattere, la distanza che tiene dalle persone, il non voler essere toccato, nemmeno dai suoi cari.
Ed è così che Leonardo capisce che di temporaneo quell’affidamento ha ben poco: Chi mai adotterebbe un bambino con quell’Asperger stampata addosso?
Ma Leonardo è tutt’altro che amareggiato, perché a Martino, che ha in affido oramai da tre anni, ci si è affezionato più che a un figlio.
Ci aveva visto giusto Nina quando lo aveva scelto all’Istituto Maria Ausiliatrice.

«Un bellissimo bambino, con un carattere che giudicheresti subito perfetto. Parla pochissimo, si fa sempre i fatti suoi, non ama le smancerie, è adattabile, non si lamenta mai, dove lo metti sta. Ha l’aria smarrita di un sognatore… il tuo ritratto spiccicato».

Perché Leonardo, dopo la scomparsa improvvisa della moglie, si è chiuso sempre di più in sé stesso.

La mia vita stava andando alla deriva, ne ero consapevole; ma non trovavo, o non volevo trovare, un relitto a cui aggrapparmi in questo triste navigare.

E allora sarà facile per Leonardo, con la figlia lontana, prendere la decisione che gli cambierà la vita: andarsene da Milano, dal momento che niente e nessuno lo lega più a questa città. Ed è ancora più facile adesso che è sorretto da un più nobile scopo: proteggere Martino. Perché si sa, tra i ragazzi così come nella vita c’è sempre quello perso di mira, il malcapitato di turno da sbeffeggiare e prendere in giro, ed è fin troppo ovvio che i bulli delle scuole medie prendano di mira proprio Martino, il più solitario e il più strano della classe. Ed è così che trasferirsi in quella casetta isolata in mezzo ai boschi e ai prati d’alta quota, nelle Alpi piemontesi, che era il sogno che condivideva con la moglie Chiara e che avrebbe dovuto essere il loro ultimo rifugio da vecchi, diventa realtà.

«Sarebbe magnifico affrontare la seconda parte della nostra vita qui», fantasticava Chiara ogni volta che i nostri passi ci portavano da quelle parti. Ci andavamo a controllare che tutto fosse in disordine, così nessuno avrebbe apprezzato il rudere più di tanto. Qualche volta, quando vedevamo qualche traccia umana lì intorno, ci prendeva l’agitazione. «Ce lo portano via», sospirava Chiara, ma poi erano solo rifiuti di picnic o qualcuno che si era rubato qualche pezzo di trave smozzicata per bruciarla o per farne chissà cosa.
Era andata avanti così, come un gioco, all’inizio. Poi l’idea di piazzarsi lì, pur rimanendo evanescente in superficie, aveva pian piano messo radici filamentose. Come quelle del tarassaco che a giugno pennellava di giallo brillante i prati intorno.

Questa è la storia di questo bellissimo romanzo, che parla la lingua dei semplici giacché la montagna è sottrazione.

Stavamo imparando a fare ma anche a fare senza, che, come diceva Augusto, per vivere in montagna era la regola numero uno.

La Montagna sarà la cura perfetta e naturale per entrambi; per Leonardo, che non ha mai del tutto superato la perdita della moglie; e per Martino che, come qualsiasi adolescente, è alla ricerca di sé stesso.

Non avevamo mai molta gente intorno, ma non ci sentivamo per niente soli. Consideravamo i tramonti, le luci, i caprioli, l’odore dell’erba, la neve, i fulmini, gli scoiattoli accasati tra la legna da ardere, il volo acrobatico dei corvi, le forme delle rocce e degli alberi e la solitudine, come elementi di un grande spettacolo riservato solo a noi e ogni volta diverso. La nostra vita dopo pochi mesi ci sembrava già meno inadeguata. Del resto, che cosa avevamo lasciato? Finestre affacciate sui binari della stazione centrale, uno sbrindellato palazzo anni Cinquanta a ridosso, avide antenne paraboliche puntate verso sud, aiuole diventate inutili palestre per obesi cani da compagnia.

E io… non lo so se sono solo ingenuo o credulone, in fondo ho letto solo un buon libro, ma ho pensato che davvero la montagna può aiutare a cicatrizzare certe ferite dell’anima. Ho pensato che non c’è posto migliore per ritrovare la serenità. Per condividere le proprie paure e raccontarsi la propria storia. Così come fa da sempre la natura, se solo ci mettessimo ad ascoltarla. Così come hanno fatto Leo e Martino.

A volte, invece, ce ne stavamo lì, seduti nel prato o sotto la veranda, anche un pomeriggio intero. Immobili e muti, a guardarci intorno, gli occhi allenati e la mente aperta. Gli alberi del bosco, l’erba incolta schiacciata solo dal passaggio lieve e radente delle volpi, i riflessi nelle pozze d’acqua, i costoni delle montagne davanti e le nuvole che andavano a farsi grattare la pancia dalle cime più alte, avevano sempre qualcosa di nuovo da raccontarci.

La manutenzione dei sensi

Di Franco Faggiani. Fazi Editore 2018.
Voto: 4/5

Franco Faggiani Vive a Milano e fa il giornalista. Ha lavorato come reporter nelle aree più calde del mondo; ha scritto manuali sportivi, guide, biografie, ma da sempre alterna alla scrittura lunghe e solitarie esplorazioni in montagna. Con il romanzo “La manutenzione dei sensi” (Fazi Editore, 2018), già tradotto in Olanda, vincitore del Premio Parco Majella, del Premio Città delle Fiaccole e finalista al Premio Cortina e al Premio Wondy, ha ottenuto un grande successo di critica e di pubblico.

Come colonna sonora del libro e dell’articolo ho scelto Spunta la luna dal monte.

Notte scura, notte senza la sera
notte impotente, notte guerriera
per altre vie, con le mani le mie
cerco le tue, cerco noi due.
Spunta la luna dal monte
spunta la luna dal monte.
Tra volti di pietra tra strade di fango
cercando la luna, cercando
danzandoti nella mente,
sfiorando tutta la gente
a volte sciogliendosi in pianto
un canto di sponde sicure
ben presto dimenticato
voce dei poveri resti di un sogno mancato

Spunta la luna dal monte

È un singolo di Piarangelo Bertoli e dei Tazenda, pubblicato nel 1991.  Etichetta Dischi Ricordi. Venne presentata per la prima volta al Festival di Sanremo 1991, piazzandosi al quinto posto.
Voto: 4/5

Cliccando QUI, potete sentire e vedere l’esibizione degli artisti al Festival di Sanremo.

The following two tabs change content below.
Sono nato a Modena nel 1964 e vivo in un paese che è parte dell’Unione dei Comuni del Distretto Ceramico. Da 35 anni faccio piastrelle. Mi occupo di ricerca. Crescere, crescere, crescere: non esistono altri obbiettivi. Ogni anno è una sfida. Sposato con due figli, da quattro anni scrivo su questo blog. Ma fin dal primo articolo ho capito che recensire un libro, un film o una canzone non è che un pretesto per raccontarmi: pensieri, passioni, desideri. Ricordi. Il vero scopo è fermare il tempo. Trattenere il più possibile istanti di felicità.

Ultimi post di Roberto Alboresi (vedi tutti)

Lascia un commento