Amori ridicoli di Francesco Kundera e Milan Guccini

Mi piacciono le canzoni che raccontano una storia, è per questo che ho un debole per i cantautori degli anni ‘70 e ’80. Guccini è il mio preferito, e poi Dalla e De André, e De Gregori, dai!
Alcune canzoni sono vere e proprie sceneggiature, che già te lo immagini il film nella tua testa, dalle tanti immagini che ti appaiono ogni volta che le ascolti.

Poco tempo fa ho riletto “Amori ridicoli” di Milan Kundera. Sono sette racconti brevi scritti tra il 1959 e il 1968, e sono da considerare il battesimo letterario di Kundera, pur essendo stati pubblicati, in un unico volume, un anno dopo l’uscita del suo primo romanzo: “Lo scherzo” (1967).

I miei preferiti?
Tutti e sette sono belli. Tre li considero speciali. Tra questi cito, ricordandolo con tenerezza, “Il dottor Havel vent’anni dopo”:
È la storia di un anziano dottore sposato con una famosa e giovane attrice che si reca alle terme per curarsi. In passato è stato un celebre playboy ma, pur sapendo che la bella moglie è tuttora innamorata, è depresso.
Motivo?
Le donne che incontra sono immuni al suo fascino, e questo per un dongiovanni che non aveva eguali in tutto il paese equivale a una sentenza di morte. Chiederà aiuto alla moglie, pregandola di venire da lui: troppo forte la solitudine. E tutto cambierà. Le donne che precedentemente lo avevano snobbato lo vedranno sotto un’altra luce, al fianco di una donna così bella e famosa, e Havel ritroverà la propria seduttività e il piacere della vita.

Desiderio dunque e nostalgia.

Vi ho detto che i racconti di “Amori ridicoli” sono sette, ma finito il libro ho scoperto su wikipedia che inizialmente erano otto:

Nell’edizione di Toronto del 1981 (Sixty-Eight Publishers), Kundera decise di togliere poi un ulteriore racconto, e sarà questa d’ora in avanti la versione canonica e autorizzata del testo.

Se Kundera ha deciso così avrà avuto le sue buone ragioni. Tuttavia mi dispiace: Quanto vorrei leggere e custodire la versione integrale…
E allora, dal momento che la prima versione del libro è introvabile – ho provato a fare una ricerca in rete, ma niente -, ho pensato che me lo scelgo da solo l’ottavo racconto.
Non vi preoccupate non è farina del mio sacco.
Mentre leggevo il libro di Kundera una canzone mi passava per la testa.
Certo, è una canzone di Guccini, se no che senso avrebbe questo articolo?
Se dovessi fare una classifica delle canzoni che preferisco di Guccini non entrerebbe tra le mie prime dieci. Ma è “Scirocco” che ha sbaragliato tutte le altre. E non è un capriccio né un caso, se pensate così siete fuori strada. Perché è bellissima e magica, come tante canzoni di Francesco, ed è perfetta per “Amori ridicoli”

Penso che Kundera e Guccini abbiano più d’una similitudine:
Una spiccata attenzione ai dettagli: dalle piccole cose del quotidiano ai cambiamenti storici, sociali e di costume.
La scrittura semplice, ma allo stesso tempo profonda e poetica.
Una straordinaria capacità di raccontare l’uomo e la sua condizione, perennemente in bilico tra i due estremi: presente e passato, leggerezza e pesantezza, dramma e commedia.
Entrambi, scrivono racconti che non sono solo semplici storie da leggere o ascoltare, ma veri e propri mondi in cui tu, semplice spettatore, hai la fortuna di intrufolarti, la capacità di immedesimarti. Emozionarti. Sognare.

È questo il dono dei grandi maestri. Ed è questo che fa Kundera con i libri e Guccini con le canzoni – certo, Francesco ha scritto anche bellissimi libri, ma se come scrittore è uno dei tanti, come cantastorie è il “maestrone”: un grande poeta!

Perché “Scirocco”?
Innanzitutto perché è un tango.
Tango che ha origine nel 1883 in un bordello di Buenos Aires. Jorge Luis Borges lo chiamò “il ballo dei mariti afflitti”.
Quale altro ballo è in grado di trasmettere così intensamente l’emozione, la seduzione, la gelosia e infine la sensualità e la malinconia di una storia d’amore?
Gli sguardi che si incontrano, le dita che si toccano e si conoscono, le mani che scendono sui fianchi, le gambe che si intrecciano, le bocche che si sfiorano.
Ma non ho scelto “Scirocco” solo perché è un tango. L’ho scelta anche per i testi, soprattutto per i testi: precisi e poetici e sublimi.

Nella speranza che Milan Kundera e Francesco Guccini si prestino al gioco.

 

Ricordi le strade erano piene di quel lucido scirocco
che trasforma la realtà abusata e la rende irreale,
sembravano alzarsi le torri in un largo gesto barocco
e in via dei Giudei volavan velieri come in un porto canale.
Tu dietro al vetro di un bar impersonale,
seduto a un tavolo da poeta francese,
con la tua solita faccia aperta ai dubbi
e un po’ di rosso routine dentro al bicchiere:
pensai di entrare per stare assieme a bere
e a chiacchierare di nubi…

Ma lei arrivò affrettata danzando nella rosa
di un abito di percalle che le fasciava i fianchi
e cominciò a parlare ed ordinò qualcosa,
mentre nel cielo rinnovato correvano le nubi a branchi
e le lacrime si aggiunsero al latte di quel tè
e le mani disegnavano sogni e certezze,
ma io sapevo come ti sentivi schiacciato
fra lei e quell’ altra che non sapevi lasciare,
tra i tuoi due figli e l’ una e l’ altra morale
come sembravi inchiodato…

Lei si alzò con un gesto finale,
poi andò via senza voltarsi indietro
mentre quel vento la riempiva
di ricordi impossibili,
di confusione e immagini.

Lui restò come chi non sa proprio cosa fare
cercando ancora chissà quale soluzione,
ma è meglio poi un giorno solo da ricordare
che ricadere in una nuova realtà sempre identica…

Ora non so davvero dove lei sia finita,
se ha partorito un figlio o come inventa le sere,
lui abita da solo e divide la vita
tra il lavoro, versi inutili e la routine d’ un bicchiere:
soffiasse davvero quel vento di scirocco
e arrivasse ogni giorno per spingerci a guardare
dietro alla faccia abusata delle cose,
nei labirinti oscuri della case,
dietro allo specchio segreto d’ ogni viso,
dentro di noi…

Scirocco

di Francesco Guccini. Inciso per la prima volta nell’Album Signora Bovary (1987). Scirocco che vince, sempre nel 1987, il Premio Tenco.
Voto: 5/5

La consiglio soprattutto a chi pensa che le musiche di Guccini non siano alla stessa altezza dei suoi testi. Pochissime volte ho sentito una melodia così in sintonia con il testo, e così struggente.

Cliccando QUI potete sentirla.

Amori ridicoli

di Milan Kundera. Adelphi Edizioni (Fabula 25), 1988 [1968]. Traduzione di Antonio Barbato.
Voto: 4/5

 

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Sono nato a Modena nel 1964 e vivo in un paese che è parte dell’Unione dei Comuni del Distretto Ceramico. Da 35 anni faccio piastrelle. Mi occupo di ricerca. Crescere, crescere, crescere: non esistono altri obbiettivi. Ogni anno è una sfida. Sposato con due figli, da quattro anni scrivo su questo blog. Ma fin dal primo articolo ho capito che recensire un libro, un film o una canzone non è che un pretesto per raccontarmi: pensieri, passioni, desideri. Ricordi. Il vero scopo è fermare il tempo. Trattenere il più possibile istanti di felicità.

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