Los Angeles, 2017
È cominciata con una richiesta di messaggio su Facebook, inoltrata da tale Jente Paenbenk. Niente foto, niente amici. Un profilo vuoto. Ed è ricominciata. Dopo venticinque anni.
Pensi mai a me?
Ho risposto: forse.
E così è andata avanti.
Io ti penso tutti i giorni.
Ottimo.
A volte lo è, a volte no.
È la vita, no? A volte lo è, a volte no.
Sì, Jay, è andata chiaramente così. Per entrambi.
Chi sei?
Voglio che mi pensi tutti i giorni.
Chi sei?
Che mi pensi e che sorridi e che ricordi, Jay.
Mi dici chi sei?
Per me. Fallo per me.
È il primo capitolo di Cuori Scuri. Le prime parole del ritorno di James Frey. Dopo In un milione di piccoli pezzi. Dopo Il mio amico Leonard. Dopo Buon giorno Los Angeles. Dopo L’ultimo Testamento della Sacra Bibbia.
Lo aspettavo da nove anni.
Certo nel 2014 è uscito The calling e l’anno dopo La chiave del cielo e l’anno dopo Le regole del gioco, che compongono la trilogia Endgame.
Endgame già il nome mi aveva lasciato perplesso, ma quando ho letto che è a metà tra un romanzo e un reality show e un progetto multimediale e un film e un videogioco e una caccia al tesoro, e che la casa editrice aveva messo in palio 500 mila dollari mi son detto: Ma che cazzo è? E mi è scesa la catena. E per un tot mi sono incazzato. Perché vedete, i libri per me sono una cosa seria. E allora per quanto bene voglia a James Frey, per quanto ami i suoi libri e li desideri non ho letto e mai leggerò questa minchiata.
Poi la rabbia passa e visto che continuavo ad aspettare un suo nuovo romanzo, non sapendo cosa fare, ho riletto i suoi libri.
E non solo mi sono riappacificato, ho anche scritto una recensione.
E non so… magari sono solo un sognatore o ingenuo o sempliciotto o completamente suonato, ma quando ho saputo che stava per uscire Cuori Scuri ho pensato che il mio articolo: I libri di James Frey: L’uomo, l’amore, Dio… ha portato fortuna.
Ho pensato che se è finalmente uscito un romanzo di Frey è anche merito mio.
Oppure, ed è molto ma molto più credibile, ho semplicemente pensato che me lo merito, per non aver perso la speranza.
Cuori Scuri dunque: alcol, droga e sesso. E ancora passione desiderio e amore e l’urgenza di bruciare questo mondo del cazzo fino alle fondamenta. Di infiammare qualcosa nel petto di qualche ragazzino punk come i libri avevano fatto con me. Di accendere nella loro anima la lampadina che era stata accesa dentro di me. Dividere affrontare costringere la gente ad avere un ‘opinione, a prendere posizione, ad amare oppure odiare, ad avere caro o a distruggere, a venerare o proibire.
E dove se non nella città dell’amore per antonomasia Jay poteva trovare tutto questo?
Parigi: la città dei poeti maledetti, dell’arte e degli eccessi. Parigi, dove s’innamorerà perdutamente della Ragazza delle Passerelle. Parigi, testimone del loro amore. Attese e incontri. Scopate e vomito. Stronzate e musei d’arte. Beatitudine e ossa rotte.
Amore trovato e amore bruciato.
Amore Bruciato
e
Seppellito
per venticinque anni
fino a quando…
Los Angeles, 2017
Pensi mai a me?
… e tutto
RICOMINCERÀ
Ci fissiamo per un istante, verde pallido e castano chiaro come cioccolata. Lei si sporge verso di me e soffia piano lentamente sulla mia guancia il suo fiato è dolce chiudo gli occhi soffia di nuovo fiato dolce e caldo. Quando smette apro gli occhi, sta sorridendo.
È ora che vada.
Perché?
Ho da fare.
Che cosa?
Roba.
Rido.
Come ti chiami?
Te lo dico la prossima volta che ci vediamo.
E quando sarebbe?
Non lo so.
Hai un numero di telefono?
Lasciamo decidere agli dei.
Rido.
Gli dei?
Vengo dalle Terre del Nord, noi ci crediamo ancora.
Si alza.
Alla prossima.
Annuisco, sorrido.
Alla prossima.
. . . . . . . . . . . .
Amo l’arte, amo guardarla, sentirla dentro, leggerne e parlarne, ma la ragione principale per cui vado al Musée d’Orsay e in tutti gli altri musei e gallerie di Parigi è che voglio imparare a pensare, a capire come pensano gli artisti, come pensano alcuni articoli in particolare, e perché hanno realizzato quello che hanno realizzato. Voglio sapere cosa avevano nel cuore e nella mente, nel sangue, cosa c’era a guidarli e quale prezzo hanno pagato.
Quando penso ai libri e a come voglio scriverli, penso più all’arte figurativa che a opere letterarie. I libri hanno regole. Come si chiamano le cose, come si leggono le parole, grammatica, punteggiatura… […] Le regole sono stupide. Insignificanti. Ed esistono per essere infrante, ignorate e dissacrate. E sebbene io legga e ama ancora i libri, nonostante le norme imbecilli che li governano, quando penso a come scriverli la mia mente corre all’arte figurativa. Lì non ci sono regole. Non ci sono autorità. C’è una tela, o un blocco di marmo. O un pezzo di carta, o un ciocco di legno e c’è quello che l’artista vuole farne. L’artista non è limitato dal numero di colori che può usare, dai pennelli, dal tipo di pittura, da quali e quanti strumenti possiede o da che numero di colpi di scalpello può infliggere alla pietra e in quali punti. L’artista prende della materia e ci fa qualcosa. Quando ha finito si ritrova un’opera d’arte, ed è quello che è, che funzioni o no, che sia bella o no, che sia commovente o no.
[…] L’arte detta le condizioni. Io voglio scrivere libri nello stesso modo. Ho le parole dentro e mi sento obbligato a farne qualcosa. Saranno quello che sono, alle loro condizione, libri. E vaffanculo tutto il resto.
. . . . . . . . . . . .
E continuavo a rileggere e correggere e provare imbarazzo e vergogna e a buttare via tutto o cancellarlo. Non finivo mai niente dieci pagine trentacinque pagine centodieci pagine duecentotrentacinque pagine buttate o cancellate ma io ci credevo ancora sì ci credevo ancora sì ci credevo comunque. Ci credevo. Perché qualche volta. Una frase o un paragrafo o una pagina o due. Quella frase paragrafo pagina danzava o distruggeva o deliziava.
Quindi continuavo.
Continuavo
A leggere
A guardare le opere d’arte.
A inseguire il mio sogno assurdo.
[…] Ho imparato che l’arte comporta fare ciò che non è mai stato fatto, sfidare i paradigmi, spostarli, sfidarli, distruggerli. Se c’è una regola infrangila, se ti è stato insegnato di fare una cosa fanne un’altra, se qualcuno ti dice che una cosa è sbagliata probabilmente è giusta.
E quindi invece di cercare di scrivere nel modo giusto, ho cominciato a scrivere in quello sbagliato. La grammatica che mi pareva con la punteggiatura che mi pareva e l’uso delle parole nel modo che preferivo il metterle giù sulla pagina.
CUORI SCURI
di James Frey, edizioni TEA, 2020 [2018]. Traduzione di Flavio Iannelli.
Voto: 4/5
Come colonna sonore di articolo e libro ho scelto Ladro di cuori col bruco di Lo stato sociale.
QUI potete sentirla
E torno da solo al locale a caccia di lanterne prendendole per lucciole.
Mi faccio offrire da bere da Luca e cerco lei, ricolmo di sobbalzi liceali
Cercando la posa, la mira, il tempo atto a ordire un inganno
So muovere un dito e appenderci il fiato di mille persone su un palco
Ma qui non so neanche parlare
Il suo amico che ho buggerato oggi mi buggererà
Mi fa felice mi accolga con quella sua faccia da gongolo
Gli chiedo di salvarmi la vita, lui mi dice
“Va da lei, è la tua fan più affezionata”
Ed è lei che avevo cercata
Venere scollata in corpo da Lolita
Fin troppo cordiale per come saluta si scioglie in tignata
Il suo non essere abbastanza ubriaca poi invoca una serenata
Cantami pop, fammi sudare la febbre, l’apatico è triste ma ha un ritmo che mi trascina
E intanto mi chiedo se è cigno o gallina
Com’è che ti chiami? Livia. Lidia? Livia. Lidia? Livia con la v fa con le dita
E il delta di Venere si apre alla foce della mia fantasia di ladro di cuori col bruco.
La porto a bere come un cane pastore lei mi porta a spasso come un barboncino
Mi attrae quel divano e mi siedo.
E Livia se ne va, perdendosi nei fumi del barismo cordiale.
[…] I commenti sul baffo, ma sei dimagrito? Si schiaccia facendo l’attore?
Poi arriva un trentenne a caccia di quelli che la domenica mattina piangono cagando
Sangue e invocando la mamma
E intavola una teoretica sullo sbottona mento del secondo bottone della camicia
Cambia tutto. Vero o no? Fa agli amici che nicchiano mentre gongolo dice: Va da lei”.
E io a lei dico: “non m’hai salvato la vita una volta, figuriamoci la seconda”.
E senza dire niente Livia se n’è andata
Senza sapere di nulla senza nessun motivo per essere ricordata
T’avessi vista guardare la neve d’aprile, per strada
Poi, non t’avessi più incontrata
Forse, t’avrei per sempre amata
QUI potete leggere il mio articolo: I libri di James Frey: l’uomo, l’amore, Dio…


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La cosa bella del libro è la fine, un calvario la sua lettura , parole ricorrenti in tutte le pagine: vino, vomito,sesso, droga.
Come ho fatto a terminare: leggevo una pagina e poi ne saltavo 5 , in quanto nauseato dal linguaggio sempre ripetitivo con le 4 parole che ho riportato sopra.
Penoso. Da non proporre neanche al vs. peggior nemico.
Effettivamente è un po’ troppo ripetitivo, sicuramente inferiore ai suoi precedenti romanzi, ma se non mi fosse piaciuto non lo avrei recensito. Troppo forte il debole che ho per per James Frey. Meno male “per lui” che non siamo tutti uguali…