Olive, ancora lei

Imprevedibile, scorbutica, ironica, sincera, irascibile, sconveniente, unica. Ohhh quanto mi è mancata Olive…

Elizabeth Strout – per chi ancora non la conoscesse – è una scrittrice straordinaria, e ve lo dice uno che ha letto tutti i suoi libri, che celebra ogni nuova uscita come un avvenimento. E che sorpresa – con le riaperture delle librerie – trovarmelo lì, in vetrina. E poi proprio questo: Olive, ancora lei. Sì, perché Olive Kitteridge – vincitore del Premio Pulitzer del 2009 – è il suo capolavoro. La Strout sembrava averla lasciata lì, Olive, dimenticata, per dodici anni, sfornando altri tre romanzi intanto, con tutt’altri personaggi. Fino a oggi: il suo epilogo. Un dono. Ecco cos’è questo romanzo. Perché Olive – una volta conosciuta – non si dimentica, di più ancora se avete avuto la fortuna di vedere la miniserie TV omonima del 2015. Da allora Olive ha e avrà per sempre nel mio immaginario il viso e i gesti di Frances McDormand, che l’ha così bene interpretata. È questo che fa il grande cinema: rende immortali immagini, visi, melodie.

La storia?
Sono tredici racconti brevi. Collegati dal luogo: Crosby, un’immaginaria cittadina costiera del Maine; e da Olive, soprattutto da Olive – l’anziana professoressa di matematica in pensione. Tredici storie all’apparenza semplici, com’è poi la vita. Se non fosse che c’è di mezzo Olive. Se non fosse che c’è di mezzo la penna di Elizabeth Strout. E non so… tutti i suoi libri sono stupendi, ma… è come se quando sono insieme, la Strout e Olive, diano il meglio, e non ce n’è più per nessuno. Al punto che ogni storia ordinaria diventa straordinaria, s’illumina di grazia, di poesia.

Ci sono poi altri due motivi se amo così tanto questo libro.

Il primo è un secondo dono, che la scrittrice americana concede a tutti i suoi fans. Mammamia che spettacolo! La sua generosità non ha limiti. A me, ad esempio, aver ritrovato Olive già bastava. E invece. Fra i tanti personaggi presenti in questi racconti rivedremo I fratelli Burgess – dell’omonimo romanzo del 2013; e ancora Amy e Isabelle, protagoniste dell’esordio letterario della Strout del 1998. E credetemi se vi dico che ritrovarli è stata come una comunione, dopo così tanto tempo poi, e in maniera così inaspettata. Cioè voglio dire: quando ho preso il libro me lo aspettavo di fare un altro pezzo di strada insieme a Olive, era implicito già dal titolo, no? Ma Isabelle? Che bello vederle insieme, quelle due. Due vecchiette così diverse. Isabelle la dolce, la timida, e Olive… be’ già lo sapete.

Il secondo motivo sono i dialoghi: BELLISSIMI!
Sentite questa:

Poi si presentò Betty – la prima badante -, che era un donnone. Non grassa, soltanto grossa. I pantaloni di cotone bordeaux le stavano stretti e a stento riusciva a chiudersi la camicia; poteva avere una cinquantina d’anni. Si sedette immediatamente in poltrona. – Allora, qual è il problema? – domandò a Olive, e Olive non gradì il modo.
– Ho avuto un infarto e a quanto pare ho bisogno che lei mi faccia da baby-sitter.
– Non userei quella parola, – disse Betty. – Io sono aiuto infermiera.
– Bene, – disse Olive. – Si chiami pure come le pare. Di fatto è qui per farmi da baby-sitter.
Pochi minuti dopo, andando in cucina, Olive guardò dalla finestra il furgone sul quale era arrivata Betty e, sul retro, vide un adesivo di quel mostro coi capelli arancioni che era presidente, e per poco non le venne un colpo. Fece un lungo respiro, tornò dove stava seduta Betty e le disse, forte e chiaro: – Mi ascolti bene. Noi due non parleremo mai di politica. Mi ha sentita? – Betty, alzando le spalle, rispose: – D’accordo, come dice lei -. Olive rabbrividiva ogni volta che pensava a quell’adesivo. […]
Dopo qualche giorno, intorno alle quattro – l’ora di Jane -, Betty andò a rispondere alla porta e Olive la sentì dire «Salve», ma c’era qualcosa di strano nella voce: era meno gentile del solito. Olive si alzò e raggiunse l’ingresso dove si trovò davanti a una giovane dalla pelle scura con il capo coperto da un velo tinta pesca e addosso una specie di tunica di una tonalità più carica dello stesso colore. – Be’, salve, salve, – disse Olive. – Perbacco! Sembra una farfalla, si accomodi.
La giovane sorrise, sfoderando una chiostra di denti bianchissimi. – Salve, Mrs Kitteridge, – disse. – Mi chiamo Halima.
– Be’, avanti, si accomodi. Piacere di conoscerla, – disse Olive, e la donna entrò in soggiorno, si guardò in giro e disse: – Che casa grande.
– Troppo, – disse Olive. – Si metta comoda.
Betty se ne andò senza dire una parola e Olive trovò il suo comportamento orribile. Halima comunque si diede subito da fare; cominciò a lavorare in cucina, chiedendo a Olive che cosa volesse mangiare , e poi rifece il letto nella stanza degli ospiti, anche se erano le cinque del pomeriggio. […]
– Come mai si mette quella roba addosso? – le chiese Olive.
Halima stava lavando i piatti e si girò per sorridere a Olive alle sue spalle. – È quello che sono -. Dopo un attimo, Halima chiuse l’acqua e disse: – E lei, come mai si mette quella roba addosso?
– D’accordo, – disse Olive. – Chiedevo solo.
L’indomani Olive disse: – Stammi bene a sentire, Betty Boop.
Betty si sedette sulla poltrona di fronte a Olive.
– Ho visto come hai trattato quella ragazza ieri, e in questa casa una cosa del genere non si fa -. La faccia di Betty – all’improvviso Olive lo vide chiaramente – sembrava tornata quella di una dodicenne imbronciata. – E piantala di fare il muso, – disse Olive. – Santo Dio, è ora che tu cresca una buona volta.
Betty spostò il sedere sulla poltrona e disse: – Ma aveva detto che non si parlava di politica, qui.
– Ci puoi giurare, – disse Olive. E infatti questa ragazza non è politica. È una persona che ha tutti i diritti di essere qui.
– Be’, a me non piace, da vedere, e il modo come si concia, mi fa paura. E altro che, se è politica, – aggiunse Betty.
Olive ci pensò e infine, dopo un sorriso disse: – Be’, in casa mia devi essere gentile con lei, mi sono spiegata? – E Betty si alzò per dedicarsi al bucato.

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Era di se stessa, si rese conto, che non era soddisfatta. Si spostò un altro poco sulla sedia.
Ma era troppo tardi per queste cose…
E così rimase seduta a scrutare il cielo, le nuvole alte, e poi, giù in basso, le rose che dopo un anno soltanto erano già uno spettacolo. Si sporse in avanti per guardare più da vicino – oh, c’era un altro bocciolo giusto dietro una rosa! Dio, che gioia, la vista di quel bocciolo nuovo. Poi tornò ad abbandonarsi sulla sedia a pensare alla propria morte, e di nuovo le prese quel senso di trepidante stupore.
Presto sarebbe arrivata.
– Già, già, – disse. E restò ancora lì per parecchi minuti, senza neanche sapere che cosa le passava in mente.
Alla fine Olive si alzò piano piano, reggendosi sul bastone, e si spostò verso il tavolo. Sedette al suo posto, inforcò gli occhiali  e infilò un foglio bianco nel rullo. Tesa in avanti, picchiando sui tasti, batté una frase. Poi ne batté una seconda. Tirò fuori il foglio e lo appoggiò con cura in cima alla pila dei suoi ricordi; le parole appena scritte le riecheggiavano in testa.

Non ho la minima idea di chi sono stata. Dico sul serio, non ci capisco niente.

Olive piantò bene a terra il bastone e si tirò su. Era ora di andare a chiamare Isabelle per la cena.

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Olive, ancora lei

di Elizabeth Strout. 2020 Giulio Einaudi editore [2019]. Traduzione di Susanna Basso.
Voto: 5/5

La canzone che dedico a Olive, scelta come colonna sonora dell’articolo, è Ascolta l’infinito di Fiorella Mannoia.

Com’è difficile dire tutto quello che sento
Tutte le piccole grandi verità
Ed ogni movimento che mi cambierà
E camminare così nell’infinito che ho dentro
Che si modifica e cerca libertà
E chiede di capire quello che sarà
Se parli piano puoi sentirlo già
Ascolta l’infinito

Cliccando QUI, potete sentirla.

Ascolta l’infinito

è un singolo di Fiorella Mannoia del 1994. Testo: Enrico Ruggeri – Musica: Piero Fabrizi. Etichetta: Sony Music
Voto: 5/5

 

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Sono nato a Modena nel 1964 e vivo in un paese che è parte dell’Unione dei Comuni del Distretto Ceramico. Da 35 anni faccio piastrelle. Mi occupo di ricerca. Crescere, crescere, crescere: non esistono altri obbiettivi. Ogni anno è una sfida. Sposato con due figli, da quattro anni scrivo su questo blog. Ma fin dal primo articolo ho capito che recensire un libro, un film o una canzone non è che un pretesto per raccontarmi: pensieri, passioni, desideri. Ricordi. Il vero scopo è fermare il tempo. Trattenere il più possibile istanti di felicità.

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