Quando siete felici, fateci caso

Oggi vi vorrei parlare di un autore americano che ho particolarmente a cuore: Kurt Vonnegut (1922-2007).
E lo farò raccontandovi Quando siete felici, fateci caso.
Ci sono frasi che passano inosservate ma sono dinamite, se solo ci riflettiamo un po’.
Quando siete felici, fateci caso è una di queste.
Il libro è bello ma questa frase, questo titolo… questo titolo basta e avanza, ripaga già i soldi spesi. Anche se poi non leggessimo il libro. Come quando si è allo stadio e la partita è penosa, e poi all’improvviso accade l’imprevedibile, una poesia, come certe giocate che faceva Roberto Baggio.
Baggio è una nevicata scesa da una porta aperta nel Cielo, diceva Lucio Dalla.
E anche il titolo di questo libro è un po’ così. Perché ti apre gli occhi.
Ti dice una verità semplicissima: quando siete felici…
Badate bene non è una domanda. Kurt Vonnegut lo dà per scontato che siamo felici.
Io un po’ meno. Da piccolo ero felice. Poi, crescendo, mi sono immusonito, le risate grasse se ne sono andate chissà dove, come se non potessi ambire ad altro che a una sorta di serenità.
Ma che tristezza!
E a pensarci bene come si fa a dire che non siamo MAI felici? Anche a farlo apposta è impossibile.
Poi la frase di Kurt continua, dopo una sospensione, come a voler dare più enfasi alla stoccata finale: fateci caso.
Cinque parole, una virgola. Un capolavoro.
Quando siete felici, fateci caso.
Neanche Sigmund Freud avrebbe potuto far di meglio.

In salita la storia di Kurt Vonnegut.
Arruolato nell’esercito americano venne catturato dai tedeschi durante l’offensiva delle Ardenne e trasferito in Germania. Il 13 febbraio 1945 gli alleati bombardarono la città di Dresda. Morirono fra le 30.000 e le 135.000 persone. Vonnegut si salvò miracolosamente. Quando ci furono le esplosioni stava lavorando in un deposito sotterraneo per l’immagazzinamento della carne chiamato mattatoio n. 5. Ricorderà per sempre l’orrore di quei corpi carbonizzati. La sua vita non sarà più come prima. Tornato negli Stati Uniti studiò antropologia completando tutti gli esami, ma la sua tesi venne rifiutata perché non coerente all’indirizzo universitario scelto. Non si laureò più. Solo anni dopo l’università gli assegnò una laurea ad honorem, quando era già diventato uno scrittore famoso.
Nel 1969 scrisse Mattatoio n. 5, il racconto della sua terribile esperienza a Dresda. Quella pubblicazione gli valse da subito una fama internazionale, e Kurt diventò uno degli oratori più richiesti d’America per il commencement speech: il discorso tenuto al termine dell’anno accademico ai laureandi da una personalità di spicco del mondo della cultura o della politica.

Quando siete felici, fateci caso raccoglie nove commencement speech, tenuti da Kurt Vonnegut fra il 1978 e il 2004.

Ogni persona ha un mentore, per Kurt è suo zio Alex:

Una delle cose che trovava deplorevole negli esseri umani era che si rendevano conto troppo raramente della loro stessa felicità. Lui invece faceva del suo meglio per riconoscere apertamente i momenti di benessere. Capitava che d’estate ce ne stessimo seduti all’ombra di un melo a bere limonata, e zio Alex interrompeva la conversazione per dire: «Cosa c’è di più bello di questo?».
Spero che voi farete lo stesso per il resto della vostra vita. Quando le cose vanno bene e tutto fila liscio, fermatevi un attimo, per favore, e dite a voce alta: «Cosa c’è di più bello di questo?»
Fatene il vostro motto: «Cosa c’è di più bello di questo?»
Ecco il primo favore che vi chiedo. Adesso ve ne chiedo un altro. Lo chiedo non solo alle neolaureate ma anche a tutti gli altri qui riuniti, famigliari e insegnanti. Vi sto per fare una domanda, e dopo voglio che alziate la mano.
Quanti di voi hanno avuto un insegnante, in qualunque grado di istruzione, che vi ha resi più entusiasti di essere al mondo, più fieri di essere al mondo, di quanto credevate possibile fino a quel momento?
Alzate le mani, per favore.
Adesso abbassatele e dite il nome di quell’insegnante a un vostro vicino, e spiegategli che cosa ha fatto per voi.
Ci siamo?
Cosa c’è di più bello di questo?

Ed è proprio così! Perché la a vita è strapiena di cose belle, di momenti felici. Piccole cose, come dice lo zio Alex anche bere un bicchiere di limonata fresca ti fa stare bene. Il fatto è che le diamo per scontate, o semplicemente non siamo più capaci di accontentarci. Io per primo. Poi leggo questo libro e penso che è proprio così.
E ripeto mentalmente tutte le piccole cose che mi fanno felice.

Un bacio. Un abbraccio. Rivedere un amico. Il cielo, un tramonto, l’alba. Passeggiare sull’erba, sulla sabbia, sotto il sole, la pioggia. Una bella canzone, un film, un libro. Il canto degli uccellini. La montagna, il mare, un fiume, un lago. Un gelato. Gli spaghetti alle vongole. I tortellini in brodo. Un bicchiere d’acqua fresca, un calice di vino. Il profumo del pane appena sfornato. La pizza e la birra media. Un goal del Modena. Un albero.
E quante ancora…
Ognuno le sue.

Nell’aiuola comunale sotto casa mia, nell’angolo dei due muri portanti, c’è un bellissimo pino argentato. La casa l’ho comprata sulla carta, e quell’albero è stato piantato pochi mesi prima che io ci andassi ad abitare. Oramai sono vent’anni. Quel pino lo amo. L’ho visto crescere e posso dire che lo considero mio. Anche se di fatto non lo è. La palazzina comprende tre appartamenti al primo piano e sei negozi a piano terra. Anche gli altri coinquilini potrebbero provare gli stessi sentimenti che provo io, ma solamente io, affacciandomi alla finestra della sala e della camera da letto, attendo il momento di poterlo toccare. Ogni giorno mi affaccio, mi allungo, e ogni volta mi sembra più vicino.
Da quando ho letto il libro ripeto ad alta voce:

“Cosa c’è di più bello di questo?”

Non vi parlerò di tutti i nove commencement speech presenti in questo volume. Sarebbe troppo lungo. E poi alcuni mi sono piaciuti di più altri di meno, come è normale che sia.
Ho scelto la più bella.

2. Consigli alle neolaureate (di cui tutti gli uomini dovrebbero essere a conoscenza!)
Agnes Scott College, Decatur, Georgia
15 maggio 1999

Io sono così intelligente che ho capito cosa c’è che non va nel mondo. Durante e dopo le nostre guerre, e i continui attacchi terroristici in tutto il globo, ognuno si chiede: «Cos’è che è andato storto?»
Ciò che è andato storto è che troppe persone, dagli studenti delle superiori ai capi di stato, obbediscono al Codice di Hammurabi, un re babilonese vissuto quasi quattromila anni fa. Ci sono echi del suo codice anche nell’Antico Testamento. Siete pronte?
«Occhio per occhio, dente per dente».
Un imperativo categorico per tutti coloro che vivono obbedendo al Codice di Hammurabi, compresi i protagonisti di ogni film di cowboy e di gangster che abbiate mai visto, è questo: Ogni torto, reale o immaginario, va vendicato. Qualcuno se ne pentirà amaramente.
E giù bombe – o quello che è.
Quando Gesù Cristo venne inchiodato alla croce disse: «Perdonali, Padre perché non sanno quello che fanno». Che razza di uomo era? Qualunque vero uomo, obbedendo al codice di Hammurabi, avrebbe detto: «Ammazzali, papà, insieme a tutti i loro amici e parenti, e fa sì che siano morti lente e dolorose».
La più grande eredità che Gesù ci ha lasciato, a mio modesto parere, consiste di sole tredici parole. Sono l’antidoto al veleno del Codice di Hammurabi… […]
Gesù di Nazareth ci disse di pregare usando queste tredici parole: «Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori».
E tanti saluti al Codice di Hammurabi.
Già solo per queste parole, Gesù merita di essere chiamato «Principe della Pace».
Ogni azione di guerra, ogni azione di violenza, anche se compiuta da uno schizofrenico paranoico, onora Hammurabi e mostra disprezzo per Gesù Cristo.
Ci sono presbiteriane fra voi?
Voglio avvertirvi: molte persone sono state bruciate vive in pubblico perché credevano in quello in cui credete voi. Perciò, quando uscite di qui, guardatevi alle spalle.
Alcune di voi forse sapranno che sono un’umanista, o libero pensatore, com’erano i miei genitori, i miei nonni e i miei bisnonni – e quindi non sono cristiano. In quanto umanista, sto onorando mio padre e mia madre, come la Bibbia sostiene che è giusto fare.
Ma, insieme a tutti i miei antenati americani, sostengo questo: «Se le cose che Gesù ha detto erano giuste, e in buona parte anche bellissime, che differenza fa se era Dio oppure no?».
Se Cristo non avesse pronunciato il Discorso della Montagna, con il suo messaggio di misericordia e di pietà, io non vorrei essere un essere umano.
Preferirei essere un serpente a sonagli.
La vendetta genera vendetta, che genera vendetta, che genera vendetta, formando una catena continua di morte e distruzione che lega le nazioni di oggi alle tribù barbare di migliaia e migliaia di anni fa.
Può darsi che non riusciremo mai a dissuadere i governanti del nostro paese o di qualunque altro paese dal reagire con la vendetta, con la violenza, a ogni offesa o torto. Nell’attuale Era della Televisione continueranno a trovare irresistibile la tentazione di diventare intrattenitori, di fare a gara coi film nel far saltare in aria ponti, stazioni di polizia, fabbriche e quant’altro.
Incendi, esplosioni. Venite a guardare. Oddio… oh, wow.
Per citare la buonanima di Irving Berlin: «There’s no business like show business».
Ma nella nostra vita personale, nella nostra vita interiore, quantomeno, possiamo imparare a fare a meno di questa eccitazione malata, del gusto di avere conti da regolare con una specifica persona, o con un gruppo di persone, o con una certa istituzione, razza, paese.
E poi possiamo ragionevolmente chiedere che ci vengano rimessi i nostri debiti, dato che noi li rimettiamo ai nostri debitori. E possiamo insegnare ai nostri figli e poi ai nostri nipoti a fare lo stesso: in modo che anche loro non possano essere mai una minaccia per nessuno.
Ok?
Amen. […]
Sigmund Freud disse che non sapeva cosa vogliono le donne. Io sono così intelligente che non solo ho capito cosa c’è che non va nel mondo, il Codice di Hammurabi, ma anche cosa vogliono le donne. Le donne vogliono un sacco di persone con cui parlare. Di cosa vogliono parlare? Vogliono parlare di tutto.
Gli uomini vogliono un sacco di amici – e non vogliono che ci si arrabbi con loro.
Alcune di voi forse diventeranno psicologhe o pastori di una chiesa. In entrambi i casi, dovrete vedervela con uomini, donne e bambini a cui il tasso astronomico di divorzi nel nostro paese sta rovinando la vita. È bene che sappiate che quando un marito e una moglie litigano, può sembrare che sia per motivi di soldi, di sesso, o di potere.
Ma in realtà il motivo per cui si strillano contro a vicenda è la solitudine. Quello che stanno dicendo è: «Da solo non mi basti».
Ai tempi in cui quasi tutti gli esseri umani vivevano all’interno di famiglie allargate e abitavano nella stessa parte del mondo per tutta la vita, il matrimonio era davvero qualcosa da festeggiare. Gli invitati ridevano invece di piangere. Lo sposo otteneva un sacco di amici, e la sposa otteneva un sacco di persone nuove con cui parlare di tutto.
Oggigiorno invece, quando ci sposiamo otteniamo quasi sempre una persona sola… e sì, certo, magari un po’ di parenti acquisiti male in arnese, pronti ad ammazzarsi a vicenda e residenti a centinaia di chilometri di distanza…
E quindi ripeto: se qualcuno di voi ragazze ben istruite si troverà nella posizione di consulente riguardo a un matrimonio in crisi, per favore rendetevi conto che il vero problema potrebbero non essere i soldi, il sesso, il potere o l’educazione dei figli. Il vero difetto della moglie, dal punto di vista del marito, potrebbe essere che lui da solo non le basta.

Quando siete felici, fateci caso

di Kurt Vonnegut. Edizioni minimum fax. A cura di Dan Wakefield. Traduzione in italiano da Martina Testa.
Voto: 4/5

Un’ultima cosa.
Sentite quest’altra massima di Kurt, a proposito di Oriente ed Occidente:

Mentre forme di meditazione orientale come lo zen diventavano di moda, Vonnegut sosteneva che in Occidente abbiamo un metodo tutto nostro per raggiungere gli stessi risultati di rallentamento del battito cardiaco e quiete mentale: si chiama «leggere racconti». Pratica che lui definì «pisolini buddisti».

dall’introduzione di Dan Wakefield.

 

 

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Sono nato a Modena nel 1964 e vivo in un paese che è parte dell’Unione dei Comuni del Distretto Ceramico. Da 35 anni faccio piastrelle. Mi occupo di ricerca. Crescere, crescere, crescere: non esistono altri obbiettivi. Ogni anno è una sfida. Sposato con due figli, da quattro anni scrivo su questo blog. Ma fin dal primo articolo ho capito che recensire un libro, un film o una canzone non è che un pretesto per raccontarmi: pensieri, passioni, desideri. Ricordi. Il vero scopo è fermare il tempo. Trattenere il più possibile istanti di felicità.

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8 pensieri riguardo “Quando siete felici, fateci caso

        1. la felicità è uno stato di grazia. Pensarla? Impararla? Con la felicità nasciamo, fa parte del nostro DNA. Per me “quando siete felici, fateci caso” è solamente un buon titolo di un libro, è solo una bella frase. E lo è perchè ti invita semplicemente ad esserne consapevole: tutti quanti siamo felici, continuamente, e tutti i giorni, ma potrei sbagliarmi io stavolta…

          1. io conosco bene il contrario di felicità. Se ci sono nato con la felicità l’ho persa per strada.

          2. Grazie molte. Ho letto tutto con avidità perché sentivo che qui si parlava di me. Essere contenti mica vuol dire eliminare il dolore e la sofferenza. Stati d’animo, emozioni e sentimenti li buttiamo in un frullatore e dopo averli centrifugati li versiamo via prima di provare a condividerli. Allora se ti viene la curiosità usa questo potere per conoscere meglio te stesso ti sentirai meno solo certe volte e non avrai voglia di essere quello che desideri. Ti sorprendi? Speriamo di si. A me n

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