il bosco di là

Ve lo dico subito, quest’ultima novella di Lorenzo Marone mi ha illuso.

Ma andiamo con ordine. Matteuccia è una bambina timida, chiusa con i suoi simili. Non li capisce e non viene capita. Preferisce il bosco, il vento e la pioggia. Matteuccia è una donna tenerissima. Come tante ragazze che l’hanno preceduta, diventa una staffetta partigiana. Più per nostalgia del padre, che già da un paio d’anni è partigiano, che per ideali politici. Eppure, ci si butta a capofitto, con la consapevolezza che sfidando la dittatura nazi-fascista rischia la propria pelle.

Il primo capitolo è folgorante, poetico, leggerissimo.

C’erano un tempo terre remote al riparo del clamore delle novità, dove le notizie stentavano ad arrivare intere, perdevano pezzi per strada passando di bocca in bocca e giungevano scarnificate, cibo masticato, avanzi, non più verità.
Quella famosa mattina di dicembre alle orecchie di Matteuccia l’infausta voce venne sotto forma di supposizione, o forse sarebbe meglio dire di cicaleccio.[…]
Lei, Matteuccia Siniscalchi, mai aveva dato retta alle dicerie, aveva tirato dritto, neppure una volta s’era unita ai cianci in coro delle civette ai balconi e dei gufi al tavolino. Qualcuno sottovoce la chiamava ancora strega, ma lei fingeva di non sentire per buona pace; se n’era fatta una ragione ecco, semplicemente non le interessava, preferiva ricordare ciò che le ripeteva sua nonna Brunina, che le offese aiutano a crescere. […]
C’era stato un corteggiatore un tempo, un giovane che veniva dal paese di fuori, dietro il bosco di là, alla fine della valle; tagliava la legna, e dal furgone si limitava a guardarla timido ogni volta. Eppure, a Matteuccia quello sguardo diceva tutto quel che c’era da dire, e tornava a casa che era sangue e respiro. […]
Dopo la guerra aveva preferito andar dietro l’invisibile, vedeva le cose a modo suo, e il più delle volte non capiva la lingua dei suoi simili. In quei casi tornava al bosco di là, come lo chiamavano quelli del paese, perché era dall’altra parte della valle, e si metteva seduta sotto la grande quercia, a parlare col vento per l’intero pomeriggio.

Il primo capitolo l’ho centellinato, già convinto di aver in mano un capolavoro. E invece, capitolo dopo capitolo, la trama s’inceppa. Tanto è semplice e fluida nella prima parte, quanto diventa faticosa nella seconda. Parla come mangi, mi rimprovera mia madre quando uso paroloni che non capisce. E davvero i proverbi si sprecano: il troppo stroppia, per darvi un’idea. E in effetti, dopo l’inizio folgorante la novella è diventata troppo: pesante, difficile, complessa.

Non cercare di splendere come la giada, ma sii semplice come la pietra (Lao Tzu).

Ecco, è proprio questo il punto. Io penso che Marone abbia voluto strafare, e non ce n’era bisogno.
Quando ho finito il libro ero deluso, e ho riletto il primo capitolo. Volevo essere sicuro di non averlo sopravvalutato, e… l’ho trovato, di nuovo, perfetto. Potrebbe essere una fiaba, ho pensato, da quanto è bella e semplice. Il primo capitolo lo avrei letto anche ai miei due bambini, se solo fossero ancora piccini. Ed è questa la sua forza.
E non voglio dire che il seguito sia scritto male o che non sia interessante, perché non è così. Il problema è che ha perso la poesia. E l’ha persa mano mano che l’autore ha ecceduto nell’accostare la natura alla mitologia greca. Matteuccia  è diventata un pretesto per parlare di Aura, Borea, Ciparisso, Nefele, Nyx, Kairos, Dioniso, Ostro, Noto, Airon. Belle storie, niente da dire. Ma sinceramente non mi aspettavo una lezione di mitologia. Io mi sarei fermato ad Aura, Borea e Ciparisso. Io mi sarei fermato a Matteuccia. Matteuccia, sì! Che mi ha lasciato dentro una tenerezza che non so spiegare con le parole. E allora non posso che ringraziare Lorenzo Marone. Marone che è un autore che seguo da La tentazione di essere felici in poi, che amo e continuerò a seguire, e a cui chiedo venia per questo articolo.

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Sono nato a Modena nel 1964 e vivo in un paese che è parte dell’Unione dei Comuni del Distretto Ceramico. Da 35 anni faccio piastrelle. Mi occupo di ricerca. Crescere, crescere, crescere: non esistono altri obbiettivi. Ogni anno è una sfida. Sposato con due figli, da quattro anni scrivo su questo blog. Ma fin dal primo articolo ho capito che recensire un libro, un film o una canzone non è che un pretesto per raccontarmi: pensieri, passioni, desideri. Ricordi. Il vero scopo è fermare il tempo. Trattenere il più possibile istanti di felicità.

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